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The Dome – Stephen King (Recensioni)
Una cupola ricopre interamente una città, isolandola dal resto del mondo.
Questo è uno dei libri più dibattuti di Stephen King. Il motivo è semplice, e inerente le vicende descritte. Il famosissimo film dei Simpson tratta di Springfield che, per l’inquinamento sempre maggiore, viene isolata dal resto del mondo. Lo stesso accade in questo romanzo, a Chester’s Mill, cittadina del Maine, anche se la cupola è assai meno fumettistica e ci sono molti elementi diversi.
Il film dei Simpson è uscito nel 2007, questo lungo romanzo nel 2009. Chi ha copiato chi, se è successo? Stando a quanto afferma Stephen King, nessuno: la sua idea originaria risale al 1976, quando scrisse il primo nucleo del romanzo, per poi abbandonarlo senza pubblicarlo, non sentendosi pronto a un’opera del genere. Io credo che la risposta sia molto più semplice di quanto si pensi: sia King che Matt Groening fanno parte di un gruppo rock di scrittori, i Rock Bottom Remainders. Credo che si siano confrontati su quest’idea tra una prova e un concerto, e poi ognuno di loro sia arrivato a una conclusione diversa.
Nel film dei Simpson, Matt Groening rende come detto la cupola più fumettistica e soprattutto tangibile, ovvero ne viene posizionata una di vetro su Springfield dall’esercito. Nel libro, invece, compare dal nulla (magistrali le pagine iniziali, a mio avviso, con le conseguenze a breve termine della “chiusura” della città). E, nonostante i militari pattuglino l’esterno della cupola sia nella creazione di Groening che in quella di King, le similitudini massicce terminano qui.
Nel libro, insieme a circa duemila persone, a essere rinchiuso è anche un ex-militare, Dale Barbara, conosciuto come Barbie, che viene insignito di pieni poteri, dentro la cupola, dal presidente degli Stati Uniti. Ma il secondo consigliere della città, James Rennie, che ha come soprannome Big Jim (sì, protagonista e antagonista si chiamano Barbie e Big Jim) non ci sta e con i suoi aiutanti prende il controllo assoluto, che serve principalmente a mascherare il suo grosso commercio di metanfetamina. La droga diventa un leitmotiv del libro, e sarà poi la causa del crollo totale dei cittadini, come un cerchio che si chiude.
Infatti, ed è un’altra differenza Simpson-King, la cupola è quasi eterea ma letale, e non permette nemmeno il cambio d’aria. Molti cittadini muoiono con il passare del tempo e né Barbie, accusato ingiustamente di omicidio da Big Jim, né la giornalista Julia Shumway, riusciranno a evitarlo. Fino alle pagine finali, dove si scopre la genesi della cupola, di origine extraterrestre, e i pochi rimasti (una trentina di persone) cercano di salvare il salvabile.
Dal libro è stata tratta una serie televisiva, a firma Stephen King e Stephen Spielberg. Il celebre regista è riuscito a rendere bene sullo schermo la storia, nonostante alcuni particolari fossero di difficile interpretazione.
Una particolarità riguardante il cast: il personaggio di Howard “Duke” Perkins, primo consigliere della città, viene interpretato da Jeff Fahey, attore che ha lavorato con Robert Rodriguez e Clint Eastwood, oltre a recitare in Lost. Ma nel 1992 Fahey aveva già lavorato per una trasposizione cinematografica di Stephen King, e come protagonista: si tratta del film “Il tagliaerbe”, liberamente ispirato (così liberamente che King fece togliere il suo nome dai titoli di coda) dal racconto “La falciatrice”, contenuto in “A volte ritornano”, prima raccolta di racconti dello scrittore americano.
Titolo originale
|
Under the Dome |
Autore
|
Stephen King |
Anno pubblicazione
|
2009 |
Lingua originale
|
Inglese |
Genere
|
Fantascienza |
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 5 giugno 2014 alle 08:00, ed è archiviato come fantascienza, Raccolta Stephen King, Recensioni. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |
circa 10 anni fa
Senza spoilerare il finale,
purtroppo devo dire che non mi è piaciuto. Il tono è andato a calare e mentre l’inizio del libro tiene letteralmente incollati alle pagine, alla fine si percepisce una sorta di fretta di concludere, forse un po’ troppo tipica degli ultimi romanzi di King.
Da un maestro qual è, mi aspettavo un finale più scoppiettante. De gustibus…