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Recensione: L’ombra dello scorpione – Stephen King
Un virus porta quasi all’estinzione della razza umana. Ma i sopravvissuti…
Come avrete notato, sto recensendo l’opera omnia di Stephen King affrontando i lavori in ordine di pubblicazione. Tratto solo ora L’ombra dello scorpione per due motivi: la versione che ho letto per prima è stata quella integrale, del 1990, e oltre alla questione affettiva, ce n’è una più squisitamente tecnica: la versione del 1978 è non solo più breve, ma monca di alcuni personaggi e diversi eventi che trovo cruciali ai fini della storia.
Tutto parte quando “Capitan Trips”, un virus derivato dall’influenza, colpisce la popolazione. Terribili i numeri, con il 99,4% di tasso d’infettività e il 100% di mortalità tra gli infetti. In questo il primo punto a favore per la versione integrale, con un prologo sublime in cui si spiega come il virus sia uscito dal laboratorio in cui sta venendo creato. Nella versione “tagliata”, le vicende partono dal virus già fuori.
I sopravvissuti vedono in sogno o Mother Abigail Freemantle, entità buona che vuole ricreare la società umana, o Randall Flagg, “l’uomo nero” che vuole ugualmente ricreare la società, ma a sua immagine e somiglianza.
Bellissime le scene di contorno, proprio quelle tagliate nella prima versione, anche se i tagli non furono dovuti alla censura in senso stretto: all’epoca, solo quattro anni dopo l’esordio letterario del Re del Brivido con Carrie, l’autore del Maine non poteva permettersi di pubblicare un lavoro di più di 900 pagine, con i costi che comportava. La casa editrice tagliò quindi, in accordo con King, quasi la metà. Solo la bravura dello scrittore portò la prima versione a essere comunque godibile.
La parte finale, anch’essa profondamente penalizzata nella prima versione, ricorda un po’ Il signore degli anelli di Tolkien, con il viaggio che quattro temerari fanno dal Colorado, “casa” di Mother Abigail, a Las Vegas, quartier generale di Randall Flagg (personaggio che ritorna in Gli occhi del drago e la saga della Torre Nera).
In attesa dell’uscita di un film, di cui si parla da diversi mesi, gli amanti delle trasposizioni cinematografiche possono consolarsi con una miniserie di quattro puntate, datata 1994. Oltre all’immancabile cameo di Stephen King, nella parte di un motociclista che si reca con il suo gruppo da Mother Abigail, si possono notare Molly Ringwald, Gary Sinise, Rob Lowe e due piccoli ruoli rispettivamente per Ed Harris e Kathy Bates, tra l’altro vincitrice di un Oscar grazie a un film tratto da un lavoro di King, Misery.
Titolo originale
|
The stand |
Autore
|
Stephen King |
Anno pubblicazione
|
1990 (1978) |
Lingua originale
|
Inglese |
Genere
|
Horror |
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 22 luglio 2012 alle 09:02, ed è archiviato come horror, Raccolta Stephen King, Recensioni. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |