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Recensione: I fiori del male – Charles Baudelaire
Parliamo di un’opera la cui potenza ha attraversato quasi due secoli, giungendo intatta fino a noi. La cosa forse più sorprendente è come, sia nel 1857, anno della prima pubblicazione, che oggi, si trovi al centro di controversie sui contenuti: la prima edizione, infatti, fu ritirata a causa di alcune poesie contenute all’interno, dopo che era già stato censurato il primo titolo proposto da Charles Baudelaire, Le lesbiche (Les lesbiennes).
Ripubblicato nel 1861 nella sua versione definitiva, è suddiviso in sei sezioni: Noia e ideale, Quadri Parigini, Il vino, I fiori del male, La rivolta e La morte. Il leit motiv di quasi tutti i componimenti è il viaggio immaginario che il poeta compie per arrivare al benessere, con la prima e la seconda sezione che vivono rispettivamente di noia e attesa, e di un tentativo di distrazione contemplando la realtà circostante. Ma il benessere non arriva, e anzi si identifica con i paradisi artificiali tanto amati, che trovano maggiore espressione nella terza sezione, chiamata in maniera emblematica “Il vino”.
Dalla quarta sezione, quella che dà il titolo a tutta la raccolta, comincia la reazione di Baudelaire, con i picchi più alti nella sezione “La rivolta”: quando tutto crolla, l’autore francese sovverte i valori, scrivendo odi a Satana e aperte critiche a quel che rappresenta Dio. Ma neanche questo basta, come si evince chiaramente dal nome dato alla sesta e ultima sezione.
Una raccolta di poesie che, quindi, non è semplicemente tale: è un tragitto che attraversa tappe ben precise, che sembra lasciare al poeta un unico spiraglio: il ritorno ai paradisi artificiali, che però danno solo un conforto illusorio. Un uroburos, il famoso serpente che si morde la coda, da cui Baudelaire non riesce a uscire.
Definito il primo libro moderno di poesie, è un must per quanti vogliono avvicinarsi al mondo dell’arte.
Titolo originale
|
Les fleurs du Mal |
Autore
|
Charles Baudelaire |
Anno pubblicazione
|
1857 |
Lingua originale
|
Francese |
Genere
|
Silloge di poesie |
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 29 marzo 2012 alle 09:08, ed è archiviato come Recensioni, silloge di poesie. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |
circa 12 anni fa
«Il poeta è come quel principe delle nuvole, che snobba la tempesta e se la ride dell’arciere. Poi, in esilio, sulla terra tra gli scherni, con le sue ali da gigante non riesce a camminare».