Stephen King cala un altro poker, quattro storie in un unico libro.

Quattro dev’essere il numero preferito di Stephen King: lo scrittore del Maine, infatti, dopo “Stagioni diverse” del 1982 e “Quattro dopo mezzanotte” del 1990, torna al format di un libro con quattro storie all’interno, “troppo brevi per essere un romanzo e troppo lunghe per essere semplici racconti”, come scrisse lui stesso riguardo il libro del 1982.
La matrice di tre delle storie è l’omicidio, un leitmotiv presente dappertutto tranne nella terza, “La giusta estensione”. Qui un uomo malato di cancro si ritrova a parlare con un venditore ambulante, Elvid (anagramma di Devil), che gli vende appunto la giusta estensione, quindici anni di vita in cambio del passaggio della sua sfortuna ai danni di un’altra persona. In pratica David Streeter, il protagonista, fa un patto col diavolo, facendo subito il nome di un suo amico d’infanzia, Tom Goodhugh, per il quale cova un rancore profondo quanto segreto. Il maggior punto di forza, a mio avviso, è il ritorno a Derry dopo “L’acchiappasogni”, tanto da citare in un passo la madre di Bill Denbrough, uno dei ragazzini del romanzo “It”.

Gli omicidi, come detto, li ritroviamo nelle altre tre storie, a partire da “1922”, nel quale Wilfred, un agricoltore, nel 1930 scrive una confessione sull’omicidio della moglie Arlette, eliminata grazie al figlio Henry (nella trama strizza neanche troppo velatamente l’occhio a “Dolores Claiborne“). Scopriamo che è chiuso in una stanza d’albergo per paura dei ratti, paura nata dopo aver buttato il corpo della moglie in un pozzo di campagna pieno di questi animali. La colpa della donna? Voler sradicare il marito e il figlio alla vita rurale per portarli in città, dove lei stessa voleva andare. Ma l’omicidio non si svolge come Wilfred aveva pensato e anche Henry risulta talmente turbato dalle vicende che tempo dopo fugge con la ragazza e insieme diventano una coppia di rapinatori dal destino già segnato. I topi, nella mente di Wilfred tutti provenienti dal pozzo nel quale giace Arlette, cominciano a perseguitarlo fino a “spingerlo” alla confessione, e anche oltre.

Se per “1922” l’omicidio iniziale è una sorta di vendetta nei confronti di una donna, per “Maxicamionista” è una donna a cercar vendetta. La scrittrice Tess, di ritorno da una conferenza alla quale è stata invitata dalla direttrice della locale biblioteca, si fa indicare dalla donna una scorciatoia per il ritorno ma mentre la percorre finisce vittima di un omone che la stupra e, dopo aver creduto di averla uccisa, la getta in un fossato, di fianco ad altre sue vittime. Ma Tess non muore, si riprende abbastanza da tornare a casa e rimettersi in sesto, per poi progettare la vendetta nei confronti di quello che scopre essere “Maxicamionista”, un serial killer e maniaco sessuale. Veloce e coinvolgente, con i colpi di scena al punto giusto, come quello del legame tra lo stupratore e la direttrice della biblioteca, oltre a uno “scambio di persona” che porta con sé altre sorprese.

Nella quarta e ultima storia, “Un bel matrimonio”, l’unica che Stephen King ha scritto ispirandosi a fatti reali, Darcy Anderson, sposata con Bob, scopre in maniera casuale che il consorte è un serial killer. Tenta di nasconderlo al marito ma lui capisce tutto e cerca di fare un accordo con lei: l’uomo non commetterà più omicidi e la donna non dirà nulla di ciò che sa. Darcy sembra accettare, ma come ci ha abituato lo scrittore americano, mai fidarsi di una donna sicura di sé…

Al termine ne esce un buon libro, corredato da alcune pagine di “spiegazione” scritte da King, un metodo che ho usato anche per il mio “Dodici”, e che il Re del Brivido usa per dire ai lettori dei motivi che lo hanno spinto a scrivere i quattro racconti e il modo in cui sono nati.

Titolo originale
Full Dark, No Stars
Autore
Stephen King
Anno pubblicazione
2010
Lingua originale
Inglese
Genere
Raccolta di racconti
VN:F [1.9.5_1105]
Valutazione: 5.0/5 (7 voti)
Notte buia, niente stelle - Stephen King (Recensioni), 5.0 out of 5 based on 7 ratings

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