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Mick Foley, the Hardcore Legend
La follia di un personaggio indimenticabile al servizio del wrestling.
Uno dei wrestler più amati della storia è senz’altro Mick Foley. Non ha mai fatto della tecnica la sua arma vincente, è distante anni luce da Kurt Angle, Chris Benoit e quant’altri, ma ogni volta che saliva sul ring lanciava il cuore oltre l’ostacolo.
Foley, ormai 47enne, ha dichiarato pochi giorni fa di non avere più il fisico per un match di wrestling, dando praticamente notizia di essersi ritirato. Un’enorme perdita per quanti amano la disciplina, perché fin dai suoi esordi (il primo incontro nel 1984 col nome di Cactus Jack Manson, ricordando quel Charles Manson a cui si è ispirato anche il celebre cantante Marilyn Manson) ha sempre dato tutto per il pubblico.
Voglio provare a elencare i momenti topici della sua carriera, sicuro di dimenticarne qualcuno: la Hardcore Legend va scoperta vedendo i suoi incontri e magari leggendo i suoi libri, un singolo articolo non basterà mai. Mettiamola così: voglio dargli il mio tributo.
17 ottobre 1983: un giovanissimo Mick Foley (è nato nel 1965) va al Madison Square Garden di New York per vedere, tra gli altri incontri dell’evento di wrestling, lo steel cage match “Superfly” Jimmy Snuka contro Don Muraco. Non li conosceva ancora, ma fra la folla c’erano anche Tommy Dreamer, Sandman e Bubba Ray Dudley, che qualche anno dopo, insieme a lui, sarebbero diventati le colonne portanti della ECW. Di quel match, storico il volo finale di Snuka, dal tetto della gabbia d’acciaio (appunto steel cage) su un esanime Don Muraco. Lui, come gli altri wrestler presenti, dissero in seguito di aver deciso cosa fare nella vita dopo aver visto lo spettacolo. Mick Foley si era fatto notare inviando un filmato ai promoter, in cui si lanciava dal tetto della sua casa su alcuni amici sul prato, per cui il filmato e la voglia di farcela lo portarono allo step successivo.
16 marzo 1994: al tempo lottava nella WCW, e stava avendo un feud con Vader. Foley, che ha combattuto anche con i nomi di Dude Love (personaggio che lui stesso adora) e Mankind, all’epoca si esibiva come Cactus Jack. Durante uno spettacolo in Germania, ebbe l’ennesimo incontro con Vader: durante uno spot si trovò con il collo bloccato tra due corde e Vader, franandogli addosso in uno splash, lo fece cadere all’esterno. La corda staccò di netto quasi tutto l’orecchio destro di Foley, e non fu possibile nemmeno ricucirlo.
20 agosto 1995: durante uno spettacolo della IWA, venne organizzato il torneo “King of Deathmacthes”. Foley, che alla fine vinse, lottò tre incontri violentissimi la stessa sera, in finale contro il suo grande amico Terry Funk. Corde di filo spinato, mazze da baseball avvolte da filo spinato e anche cariche esplosive sul ring gli lasciarono, oltre al prestigioso titolo, 54 punti di sutura, ustioni e costole incrinate.
18 gennaio 1998: qui successe qualcosa che gli è valso un record tutt’ora imbattuto, anche se non è che una nota di colore rispetto al resto della carriera. Durante l’annuale Royal Rumble della WWF (che anni dopo diventerà WWE), partecipò alla rissa reale con tutti e tre i personaggi a cui ha dato vita, nell’ordine Cactus Jack, Mankind e Dude Love: in pratica saliva sul ring, veniva eliminato poco dopo, rientrava nel backstage, si cambiava e rientrava con un nuovo personaggio.
28 giugno 1998: se adesso la stipulazione Hell in a Cell è così famosa nel mondo del wrestling, lo si deve anche a Mick Foley, che all’evento King of the Ring affrontò Undertaker in un incontro definito il più violento della storia della WWF/WWE. Come potete vedere dal filmato qui sotto, Foley fece due voli spaventosi dalla cima della gabbia, ma se il primo era organizzato, il secondo di meno, infatti la struttura cedette al peso di Mick Foley, con la sedia, anch’essa non preventivata, che cadde con lui, finendogli sulla bocca e facendogli saltare un dente. Undertaker stesso, dopo il secondo volo, gli disse di stare giù, farsi contare e aspettare i soccorsi, ma Foley volle finire stoicamente l’incontro, entrando di diritto nella leggenda. Nel suo libro “Have a nice day” affermò che non ricordava molto del match, e la moglie che gli telefonò subito dopo confermò: parlava in modo sconclusionato, non era presente mentalmente.
4 gennaio 1999: Foley, a cui la WWF assegnò uno psicologo personale per evitare che facesse cose pericolose sul ring (be’, diciamo troppo pericolose) vide premiati gli sforzi di una vita, battendo The Rock con la gimmick di Mankind e diventando per la prima volta WWF Champion (titolo che poi avrebbe vinto altre due volte). All’epoca, c’era guerra di ascolti con la WCW di Ted Turner che, pensando di togliere spettatori alla concorrente, spoilerò il risultato dell’incontro per il titolo massimo. Ottenne l’effetto contrario, portando spettatori alla WWF e segnando un evento storico: per la prima volta in 84 settimane, la WWF fu più seguita della WCW. Un autogol dalle proporzioni spaventose.
Molti altri sarebbero gli eventi a cui dare risalto, come l’incontro di Wrestlemania 22 contro Edge, terminato con un crollo su un tavolo in fiamme, il match con Sting nella TNA che gli valse il quarto titolo mondiale e così via. Ma Mick Foley, ora molto più tranquillo (fra le altre cose è uno scrittore di libri per bambini) ha lottato ogni singolo incontro come se fosse l’ultimo, ed è questo che resta agli appassionati. Da Hall of Fame, senza dubbio.
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 2 febbraio 2013 alle 09:35, ed è archiviato come Wrestling che passione. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |