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L’estetica di Kill Bill e la struttura narrativa in Quentin Tarantino
Una delle migliori interpretazioni di Uma Thurman.
Colori, infrarosso, cartoon, bianco e nero. I due capitoli di Kill Bill, saga di Quentin Tarantino, sono un capolavoro del postmodernismo, perché si avvalgono di una sperimentazione per certi tratti assolutamente unica, mai di maniera, come invece si può notare in altri film dello stesso regista.
Anche l’escamotage stesso del romanzo è postmoderno e molto affascinante: nei titoli di testa compare un romanzo fittizio da cui la saga sarebbe tratta, “The bride” scritto da Q&U. Naturalmente, Tarantino conosce i percorsi virali tanto in voga oggigiorno, e ha usato questa dicitura per descrivere uno scritto che non esiste, in cui gli autori altro non sarebbero Quentin & Uma, la Thurman, protagonista della saga.
Come tutte le pellicole di Tarantino, Kill Bill vol.1 parte in medias res, per poi andare a ritroso, poi avanti e poi ancora a ritroso. Un modo per avvincere subito lo spettatore con delle scene che sono maggiormente d’azione e non di narrazione o descrizione tout court, anche se neppure queste sono assenti.
C’è una grande cura dei dettagli, una caratteristica ereditata certamente da scrittori come Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald, i primi a indulgere in particolari che poi sarebbero stati fatti propri dai nostri autori contemporanei statunitensi. Con una differenza, che i registi come Tarantino, spesso si divertono a inventarseli i dettagli: la marche degli alcolici, delle sigarette, fino a brand ampiamente conosciuti come la Onitsuka Tiger, indossata da Black Mamba e la collezione di Ray Ban dello sceriffo Earl McGraw, interpretato da uno dei due attori con diritto di replica in entrambi i film della saga.
I dettagli sono quello che definisce appieno l’estetica di Kill Bill e che si può riassumere in una parola: ironia. È l’ironia infatti che filtra e permea tutto, dalla benda con la croce rossa sull’occhio di Elle Driver, alle spade fregiate di Hattori Hanzo, passando per la “resurrezione” di Black Mamba sepolta viva da Budd.
Tutto è un crescendo ironico, tranne che per il climax del finale. L’incontro scontro tra Black Mamba e Bill è assolutamente romantico, anche se si concretizza con la lotta e con la conseguente morte di uno dei due. Amore e morte non sono un binomio inscindibile ma si escludono a vicenda, perché stavolta e solo stavolta, il mistero della morte diventa più grande di quello dell’amore.
ANGELA LEUCCI
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Angela Leucci il 26 luglio 2012 alle 10:32, ed è archiviato come Parole al vento. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |
circa 11 anni fa
Molto interessante, la narrativa di Tarantino, senza dubbio si può classificare come risultato della crisi delle metanarrazioni e delle narrazioni cinematografiche, nel mio blog cerco di trattare il modo nuovo di fare ‘scrittura’ dal cinema alla narrativa letteraria. E’ un valido campo discorsivo
circa 11 anni fa
Bella, interessante. Tarantino è assolutamente narratore postmoderno, ne incarna le peculiarità.
Ci vediamo su postnarrativa.org
Salut