Notevole questo fantasy, opera d’esordio di Davide Carboni.

Questo lungo romanzo fantasy segna l’esordio letterario del giovane Davide Carboni, classe 1988 ma che ha già uno stile di scrittura molto maturo. Si vede fin dalle prime pagine, quando Brann, figlio del leggendario Dakubin, il Rukeal, deve affrontare quello che crede essere un lupo mannaro. L’episodio appassiona fin da subito, come tutto il resto della storia, piena di colpi di scena, di alleati insperati (come Tormuil) e altri più fidati (come l’elfo Lemidel) ma tutti validi.

Grazie al fatto che a muoversi è una squadra, si assiste a numerosi cambi di prospettiva, lasciando il lettore sulle spine per diverse pagine quando, ad esempio, Tormuil si trova nei guai e non si parla più di lui per diversi capitoli.

Ne viene fuori una lettura piacevole e appassionante, con forse troppi elementi sul campo. Vero è che chi legge riesce a seguire bene le vicende, ma i punti d’interesse con il passare delle pagine diventano troppi, con il risultato che non si può smettere la lettura per lungo tempo, per non perdere il filo delle varie storie.

Punto forte è la storia, il che vale doppio se a scrivere è un esordiente ancora minorenne: Carboni è bravo a mescolare le carte, facendo pensare a tutt’altro pericolo prima di introdurre i Photomary. Il colpo di scena che preferisco è quello sull’identità del soldato misterioso che è riuscito a uccidere Dakubin, il guerriero lavakiryo più valoroso della sua specie. L’inventiva di Davide Carboni dà alla storia numerose svolte inaspettate, basti pensare al Portatore del Seme, ma a beneficiarne sono anche gli scenari, come la terra degli elfi, e il resto.

Oltre a uno scrittore Carboni è un amante del genere fantasy, si nota dalla cura dei particolari, cura che rende la lettura godibile fino all’ultima pagina, con un finale da “e vissero felici e contenti” a cui si arriva per gradi, quindi per nulla forzato.