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Benvenuti a Chernobyl – Andrew Blackwell (Recensioni)
Può un libro in cui si affrontano le miserie provocate dall’uomo al mondo essere anche divertente? La risposta in questo saggio, grazie alle conoscenze e alla verve dell’autore.
Cos’è “Benvenuti a Chernobyl” di Andrew Blackwell? Un saggio, direi, ma anche la definizione “narrativa di genere black humor” non si discosta dal contenuto. Senz’altro è un diario di viaggio originale che nel titolo completo, “Benvenuti a Chernobyl e altre avventure nei luoghi più inquinati del mondo” , dà al lettore alcuni indizi.
Si divide in sette parti, con la prima ambientata come da titolo a Chernobyl, poi in serie le sabbie bituminose nell’Alberta settentrionale (dove per scavare il petrolio sotto forma di sabbia si sta facendo un danno enorme all’ecosistema), Port Arthur in Texas, sede in cui è stato estratto il petrolio la prima volta, la grande isola di plastica dell’oceano Pacifico, l’Amazzonia alle prese con la deforestazione, una Cina tossica (Guiyu con le sue cave di carbone e Linfen, la città più inquinata al mondo), e il fiume Yamuna in India, il più inquinato al mondo e dichiarato biologicamente morto.
Detta così sembra un libro per masochisti, ma è davvero qualcosa di unico nel suo genere e che va letto, a parer mio: le descrizioni, anche a volte crude, si contrappongono al modo di porsi positivo dello scrittore. Andrew Blackwell si pone infatti una domanda: chi dice che non vi sia qualcosa di bello anche in questi posti? Che sia per gli uomini che cercano di sopravvivere nei luoghi inquinati aiutandosi l’un l’altro, o per la natura che ha ripreso il sopravvento come a Chernobyl, o per altri motivi ancora. Spesso emerge il punto di vista di Blackwell sull’ambientalismo, con qualche battuta pungente, “Ovviamente un gruppo di attivisti di Greenpeace non può passeggiare per una miniera senza incatenarsi a qualcosa”, o quando scrive che “metà del senso dell’attivismo ambientalista consisteva semplicemente nel non essere tagliati fuori [dagli affari]”.
Seppur critico verso gli estremismi dell’ambientalismo, in altri punti dà ragione agli attivisti, come quando osserva il cratere che si ingrossa sempre più ad Alberta per il modo scriteriato con cui si scava. Tutto fino al passaggio illuminante, da pagina 184 a 186, di cui riporto solo una frase ma che spiega il senso ultimo del libro: “Il nostro ambiente non è sull’orlo di qualcosa. È oltre l’orlo – oltre vari orli – e lo è già da un bel po’. È ora di smettere di fingere che non siamo entrati nell’antropocene, una nuova era geologica.” Ma, aggiunge, il problema iniziale è stato pensare a un ambientalismo che escluda l’uomo, in luogo di un ambientalismo in cui la razza umana possa trovare il suo spazio, per un equilibrio che avremmo potuto raggiungere, se non ci fossero stati integralismi.
Un saggio che davvero ti resta dentro, con le varie umanità che incontra, le sue guide pittoresche (ma mai come Gil, in Amazzonia), e che non si perde in strali contro l’inquinamento senza proporre alternative diverse dall’esclusione umana. Bella, anche se triste, la storia del “Dottore”, la donna che deve sposare e di cui parla nel corso dei viaggi. Un tocco in più di emozioni e sensazioni che si amalgamano al viaggio continuo, nel mondo e dentro se stesso.
Titolo originale
|
Visit Sunny Chernobyl and other Adventures in the World’s Most Polluted Places |
Autore
|
Andrew Blackwell |
Anno pubblicazione
|
2012 |
Lingua originale
|
Inglese |
Genere
|
Saggio |
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 8 aprile 2020 alle 08:00, ed è archiviato come Recensioni, saggio. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |