L’uomo in nero, la primissima versione di colui che sarebbe diventato Randall Flagg, comparve in una poesia pubblicata su una rivista nel 1969.

Tutti gli amanti dei romanzi di Stephen King conoscono il sinistro personaggio di Randall Flagg, di gran lunga il cattivo più pericoloso fra le sue creazioni. Ora, grazie allo splendido libretto da collezione “L’uomo in nero”, ne possono conoscere anche la genesi.
Sulla poesia c’è poco da dire. Ha un ritmo forsennato, quasi bipolare nella metrica, come se a volte l’uomo della visione, quello che cammina (spesso di notte) per attraversare l’America, senza meta, prendesse il controllo della mente di Stephen King, dello scrittore che in teoria sta creando l’opera. È uno spaccato di come l’autore del Maine si lascia prendere da ciò che scrive, fatto che ne spiega il successo planetario e serve a un confronto per me interessante. Mi chiedo, cioè, quanto anche nei romanzi classici ci siano momenti così. In “It” si notano molto queste pagine, ma non è il solo libro a cui ho pensato, leggendo “L’uomo in nero”. Peraltro, non è la prima poesia che manda alle stampe, ad esempio nella raccolta “Scheletri” c’è Ode del paranoide, una grande pagina di letteratura.
La storia dietro la poesia è invece più interessante. Parte tutto dal 1969, cinque anni prima dell’esordio letterario con cui il mondo ha conosciuto il Re del Brivido, “Carrie” del 1974. Un allora 22enne Stephen King, un giorno, al college, si fece travolgere da una visione artistica, quella di un uomo con jeans e stivali da cowboy che camminava senza mai fermarsi, di notte, da uno Stato all’altro dell’America. Prese una tovaglietta al volo, e sul retro ne scrisse la prima versione. Lo stesso anno, dopo alcune revisioni, venne pubblicata su Ubris, e su Moth nel 1970. Nel 2004 venne ripresa ancora in una raccolta di poesie, e infine nel 2013 venne pubblicato The Dark Man, in America, con le illustrazioni di Glenn Chadbourne, per finire dieci anni dopo, nel 2023, quando The Dark Man è stato finalmente tradotto in Italia.
In realtà non è la sua opera più vecchia arrivata al grande pubblico, dato che qualcosa di più antico è presente nella raccolta di racconti “A volte ritornano” del 1978, ma è quella per cui abbiamo dovuto attendere maggiormente in Italia, ben 54 anni e più di 80 libri dopo (con King che non accenna a fermarsi, mostrando una longevità artistica quasi sovrannaturale).
Se pensate a “L’ultimo cavaliere” del 1982, il protagonista Roland di Gilead si mette alle calcagna di un oscuro personaggio, appunto un uomo in nero, che cammina nel deserto, fermandosi solo per accendere un fuoco, mangiare e riposarsi di tanto in tanto. Alla fine si scoprirà che il nome dell’uomo in nero di quel libro, il primo capitolo della saga della Torre nera, è Walter, ma i due cammini senza sosta, tra la poesia del 1969 e gli esordi di Roland di Gilead del 1982 (anche quel libro scritto molto prima, ai tempi del college), i punti in comune sono tantissimi. L’uomo malvagio è in realtà la genesi di Randall Flagg, anche perché il modo di vestire nella poesia ricalca quello di Randall Flagg de “L’ombra dello scorpione” del 1978 (ma altre versioni sono comparse in romanzi come “Gli occhi del drago”, va detto).
Una storia lunga una vita, insomma, che è senz’altro un’operazione commerciale (e non c’è nulla di male, lo sottolineo), ma anche una splendida opera di Stephen King illustrata da Glenn Chadbourne e un libro da collezione, al pari di “Guns – Contro le armi”, breve saggio dello stesso autore, pubblicato in Italia dopo una storia rocambolesca, che trovate cliccando sul link.

Titolo originale
The Dark Man
Autore
Stephen King
Anno pubblicazione
2023
Lingua originale
Inglese
Genere
Poesia
VN:F [1.9.5_1105]
Valutazione: 5.0/5 (5 voti)
L’uomo in nero - Stephen King (Recensioni), 5.0 out of 5 based on 5 ratings

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