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La medicina della scrittura (8° parte). L’ambientazione
I personaggi non sono l’unico cardine su cui si muove la nostra storia: l’altro è formato da tutto ciò che li circonda.
Piccolo gioco: adesso siete seduti a leggere queste righe. Bene, guardatevi intorno, alzatevi, andate alla finestra o sul balcone, affacciatevi in strada, poi tornate.
Siete tornati? Cosa avete visto?
Uno degli errori più comuni che fa uno scrittore alle prime armi quando deve scrivere un libro, è non tener conto di tutto questo. L’ambiente entra nella storia così come entra nelle nostre vite. Quando camminiamo cerchiamo di evitare crepe che possono farci prendere una distorsione alla caviglia. Allo stesso modo, se a camminare è il nostro personaggio, perché mai non dovrebbe scansare crepe proprio come noi?
Eppure raramente ci fissiamo su simili particolari, che darebbero un tocco di veridicità alla storia.
Poi c’è da calcolare un altro fattore, creare interesse nel lettore. Non verrà creato da un lavoro certosino di descrizione degli scenari, ma nemmeno dal fregarsene degli stessi. In medio stat virtus: se due personaggi duellano in un campo, facciamoli cozzare almeno una volta contro un albero. Non ogni due secondi, ma ricordiamo che gli alberi sono lì.
Altro esempio, una famiglia che pranza e contestualmente parla di un argomento inerente la storia: ricordiamo che i piatti sono lì, non lasciamo che parlino tre pagine per poi passare al paragrafo successivo, senza aver mai menzionato la bottiglia d’acqua al centro del tavolo.
Ci vuole un sapiente mix tra personaggi, ambientazione e l’evolversi della storia. Infatti l’altro rischio è pensare troppo alla caratterizzazione dei personaggi o all’ambiente di contorno. L’esperienza personale mi dice che è un rischio senz’altro minore, ma comunque presente: mi è capitato di leggere puri esercizi di stile, nei quali non succede molto, ma le cui descrizioni mi restano impresse. Positivo, certo, ma la storia deve pur portare da qualche parte. Gli stili di scrittura devono essere al servizio della storia, e non il contrario.
Teniamolo a mente come teniamo a mente che per oltrepassare una porta bisogna afferrare la maniglia, fare pressione e spingere (o tirare). Il segreto è tutto qui.
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 19 aprile 2011 alle 09:29, ed è archiviato come Corso di scrittura, Parole al vento. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |
circa 13 anni fa
e se una porta è chiusa non vuol dire che dietro non c’è niente… 😉