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La medicina della scrittura (11° parte). L’importanza di documentarsi
Qualche tempo fa, vidi il film Grindhouse – Planet Terror, di Robert Rodriguez. In una delle scene, a una ragazza capita un incidente, devono amputarle la gamba, e lei si risveglia, poche ore dopo, in ospedale, con una protesi-mitragliatrice già impiantata.
I miei studi mi hanno fatto cogliere subito il grossolano errore: a un’amputazione segue un lungo periodo di riabilitazione, una protesi temporanea, imparare pian pianino a muovere i primi passi etc. Impensabile fissare una protesi e correre poco dopo, nonché avere la padronanza per sparare qua e là, con assoluta nonchalance.
Vi spiego questo per farvi capire quanto sia importante documentarsi per rendere verosimile una scena di vita quotidiana, una delle tante nelle quali ficcare il colpo di scena funzionale alla storia. Nei tempi morti, ma anche nei momenti topici, queste nozioni tornano utili.
Qualche lezione fa, in questa stessa scuola di scrittura virtuale, ho detto che, se un personaggio deve usare una pistola, voi scrittori dovete sapere come fargli premere il grilletto.
Mettetevi nei panni del lettore, ormai inglobato, incantato dalla storia come i serpenti al suono del flauto, che divora parole, frasi, pagine. Il vostro libro, che lui legge, narra di un astronauta.
Ora, in Una pallottola spuntata possiamo far girare le chiavi d’accensione dello Shuttle come in automobile, per creare un effetto paradossale tanto caro al filone demenziale, ma se il libro non appartiene al genere umoristico, questa particolare azione porterà una buona fetta di lettori a chiudere il libro.
Rendere verosimile la storia è suonare il flauto: meglio suoniamo, maggiore sarà l’effetto ipnotico per il lettore. Pertanto, abbiamo il dovere di documentarci e sfruttare i tempi morti per incantare il fruitore, prendergli la mano e portarlo dove decidiamo noi.
Ma assimilare più informazioni possibili può avere anche un’altra, altrettanto importante, funzione: sbloccare l’idea. Se ricordate, all’inizio del corso vi spiegavo che se l’idea giace immobile, non matura, non fermenta, possiamo trovare un acceleratore nello studio. Se l’immagine su cui siamo fermi è un palazzo, a volte basta leggere come si costruisce per sbloccare l’idea. Non sarà tempo perso, oh no, perché innanzitutto avremo sbloccato l’idea, e poi quello che avremo imparato ci tornerà utile per l’economia della storia stessa.
Un paio d’anni fa, mi chiesero di scrivere una storia per la neonata rivista Talkink. L’idea iniziale di Lago Nero era un soldato, immobile e solitario in un campo di guerra. Dopo aver capito che l’immagine si sarebbe cristallizzata, mi informai più possibile sulle guerre, sulle armi più comuni e sui tipi di attacco. Così facendo, scoprii un particolare defoliante usato durante la guerra del Vietnam, l’Agente Orange, e un esperimento militare segreto, portato avanti all’inizio degli anni ’50. Grazie a queste nozioni sviluppai la storia, che fu molto apprezzata dai lettori.
Lo stesso dovete fare voi: imparare a scrivere ha un passaggio obbligato nella prima parola, imparare.
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 11 maggio 2011 alle 09:20, ed è archiviato come Corso di scrittura, Parole al vento. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |