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La medicina della scrittura (3° parte). L’idea
A volte mi è capitato di parlare con amici di storie in corso d’opera. Prima o poi, sono arrivati commenti del tipo “perché non scrivi di questa cosa?” buttando lì una buonissima idea quasi senza rendersene conto.
Accade perché tutti gli esseri umani hanno un cervello funzionante, e le idee, le associazioni di idee, le fanno tutti. A uno scrittore il difficile compito di mettere su carta, sottoforma di storia, con intreccio e trama ben definiti.
Innanzitutto c’è da dire che l’idea di partenza è invariabilmente un’immagine, un punto fisso che col tempo diventa uno scenario nel quale si muovono i personaggi.
In uno dei racconti che ho pubblicato per una rivista tempo fa, l’idea, l’immagine iniziale, era un soldato in un campo di battaglia, solo. Cosa ho fatto allora? Ho atteso.
L’attesa è la chiave di volta del passaggio idea-storia. Lasciar fermentare il tutto, fare la solita vita, leggere, vedere film, studiare, lavorare, amare. Fare tutto come se nulla fosse successo, senza fretta. La fretta, di contro, è il veleno del passaggio idea-storia di cui sopra.
Senza l’acido corrosivo della fretta, prima o poi l’immagine, nel riaffacciarsi alla mente, sarà leggermente diversa.
L’idea è come guardare dal buco di una serratura, e scorgere, ad esempio, una cassettiera. La storia è studiare in lungo e in largo la stanza, dal suo interno. Se andiamo di fretta e vogliamo aprire la porta, non si aprirà. Se scriviamo della cassettiera, uccideremo l’idea.
Ma se siamo pazienti, prima o poi la porta si aprirà di uno spiraglio, e potremo vedere la cassettiera e la sedia di fianco. Poi si aprirà un po’ di più e vedremo lo specchio. Sarà così fin quando la porta sarà aperta abbastanza da lasciarci entrare, e guardare finalmente tutto l’interno, tutto, senza esclusioni.
Solo a questo punto potremo scrivere della stanza, dello specchio, del letto, di quello che c’è sopra, della lettera sulla cassettiera che dal buco della serratura non potevamo decifrare.
L’attesa. Attendere.
E se, direte voi, una delle volte in cui cerco l’idea non la trovo più?
Pazienza, vuol dire che non era valida. Non avete perso nulla, fidatevi. Verranno altre, e più valide, immagini da quella serratura. Fidatevi anche di questo.
Stephen King afferma che la mente umana è come il setaccio dei cercatori d’oro. All’inizio c’è melma e pepite d’oro, setacciando ben bene resterà solo l’oro, la melma andrà via.
Ultimo punto: e se l’immagine resta invariata? Una brutta idea da scartare?
Non è detto: possiamo scoprirlo aiutando il setaccio che abbiamo nella testa, documentandoci sull’immagine che vediamo. Che cassettiera è? Stile Luigi XVI? Bene, informiamoci su quell’arredamento, forziamo la porta e vediamo se si apre o se resta chiusa. Ma forziamola con i giusti metodi, non con il piede di porco. Quella che abbiamo di fronte è una porta magica, col piede di porco non risolveremmo nulla se non perdere la magia.
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 12 marzo 2011 alle 09:05, ed è archiviato come Corso di scrittura, Parole al vento. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |
circa 13 anni fa
comunque io lo sto seguendo eheheheh,:-P
ti basto io come allievo? ahah
one embrace!
circa 13 anni fa
Per fortuna ci sono altri allievi. Ma anche se attualmente non ci fosse nessuno, proseguirei: i futuri lettori troverebbero un corso completo, e non interrotto.