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Fare acquisti ad agosto
Finalmente settembre, ferie finite.
Non linciatemi, ora vi spiego. Adesso, gradualmente, a Napoli e nell’Italia intera tornerà tutto al normale ritmo.
Mettiamo che ad aprile vuoi un paio di pantaloni. Entri in un negozio, ampia scelta, vasta gamma di colori, scegli e compri. Ovviamente parliamo di un negozio mediamente fornito e sopratutto di un uomo, non una donna. I nomi femminili assegnati alle calamità naturali sono chiaramente un tributo a quel che resta dei negozi dopo il passaggio di una donna. Non a caso l’uomo compra e la donna fa shopping.
Dicevo, in mesi “normali” basta entrare e acquistare, ma a luglio o agosto? A inizio agosto ho avuto bisogno di alcuni dvd vergini. Il negoziante mi dice che sono finiti, e io alzo gli occhi al cielo, rassegnato.
Devo aspettare una decina di giorni a fronte dei normali 3-4 “sa, la settimana di ferragosto i fornitori non lavorano”. Dovevo aspettarmelo: a Napoli ce la prendiamo comoda, si vive in maniera mooolto calma, tranne quando guidi. L’accensione dell’auto evidentemente sprigiona dei gas che si mescolano con l’aria di Napoli e ti trasformano da dottor Jekyll a mister Hyde.
Faccio passare una decina di giorni, torno la settimana subito successiva al 15. Nessuna nuova, i fornitori ancora in ferie. “Ma la settimana di ferragosto è finita, giusto?” chiedo, ingenuo. “Sì” risponde “ma il 15 quest’anno è stato di domenica, i fornitori sono in ferie le due settimane a cavallo del 15”. Ovvero, la genialata, dato che melius abundare quam deficere. 15 di domenica? Quale settimana di ferie? Per non sbagliare, sia quella prima che quella dopo!
Mi arrendo e decido di passare la giornata in centro a Napoli, che poi magari un negozio che ha i dvd lo trovo pure, mentre faccio una passeggiata rigenerante. Prendo la metropolitana, mi dirigo alla biglietteria ma… Chiusa anche questa. Vado alle macchinette automatiche, ma c’è un problema: in biglietteria è facile, il tizio dietro il vetro mi chiede: “Dove devi andare?” Gli dico Napoli e lui mi dà il biglietto giusto. Invece alle macchinette trovo vari tipi di biglietti, E1, E2, R1, AEIOUY, B4 colpito e affondato, e altri. Quale di questi mi porterà a Napoli? Fisso sconsolato lo schermo, mentre quello dietro di me prega.
Mi giro verso di lui, non voglio interromperlo ma potrebbe saperne di più, e fissando l’attenzione su di lui capisco che non sta esattamente pregando. Cioè, i nomi dei santi li dice, ma in un modo che forse non troverebbe i favori del mio parroco.
Capisco che va di fretta e approfitto della situazione, gli chiedo se mi fa il biglietto. “Dove devi andare?” “Napoli” prende i soldi, fa il biglietto e me lo dà. Mi ricorda un po’ il bigliettaio, devono essere parenti.
Stendo un velo pietoso sulla traversata in metropolitana. Arrivo a Napoli, scendo e in lontananza vedo un negozio di elettronica. Quasi bacio a terra, estasiato. Sono arrivato, ce l’ho fatta, è la terra promessa! Non si parlerà aramaico antico, ma è la terra promessa!
Poi sento i passanti: ue cumpà, amò si na frischezz, over stai dicenn?
Non so se è la terra promessa, ma il linguaggio che si parla è lo stesso.
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Paolo il 12 settembre 2010 alle 10:19, ed è archiviato come Parole al vento. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |