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Da Peter Sellers a Eddie Murphy, il multi personaggio
Assieme al modo di concepire il cinema, nel tempo, è cambiato il modo di recitare degli attori. Un mito come Peter Sellers riusciva a impersonare tre caratteri all’interno de “Il dottor Stranamore” di Stanley Kubrick, compreso lo stesso dottore della bomba atomica, e soprattutto riusciva a differenziarli con molte sfumature d’ironia. Oggi un attore come Sellers non esiste, sembra un cliché, e Boris Yelnikoff, personaggio di Woody Allen, direbbe che probabilmente è così, ma effettivamente chi può negare questa espressione? Sembra un postulato, ma il problema è che molto spesso l’ironia oggi è sostituita dalla comicità sciatta e immediata, à la “American pie” per capirci, contro la raffinata risata che Sellers suscitava.
Molti si fanno prendere dal polimorfismo di Jim Carrey, ma quella è un’altra cosa, una comicità per bambini, come quando sei neonato e tutti ti fanno delle facce buffe per farti ridere, ma la comicità e ironia vere sono altro. Più simile a Sellers nel passato più recente (ma non nel presente, purtroppo) è stato Eddie Murphy, che ne “Il principe cerca moglie” interpretava quattro personaggi, così come Arsenio Hall che ne interpretava altri quattro, alcuni decisamente un flash molto caratterizzato.
La verità è che oggi esistono molti bravi istrioni nel cinema drammatico. Attori come Edward Norton, Christan Bale, il compianto Heath Ledger scomparso da pochissimi anni, Philip Seymour Hoffman, Benicio Del Toro e altri. Ma far ridere è decisamente un altro paio di maniche. Salviamo Ben Stiller, sebbene pure lui indugi spesso in volgarità. Film come “Zoolander” e “Tutti pazzi per Mary” fanno ridere a una prima occhiata perché lui scherza sul sesso, ma a ben guardare è Stiller che conduce il gioco, spesso retto dalla sua spalla tradizionale Owen Wilson. È Stiller che fa ridere, non le volgarità, è il suo mettersi in gioco, essere personaggio nel senso stanislawskiano del termine.
Ma tutto questo ci riporta al problema più annoso: lo spettatore. Prima si era abituati ad andare al cinema e la qualità del film offerto era sempre altissima, anche quando si era di fronte a certi fenomeni kitch e postmoderni come i film di Maciste. Oggi c’è la TV, l’home video, che a volte, per chi ha la fortuna di dotarsi di home theatre, è decisamente migliore di una proiezione nelle sale della nostra Italia costellata di piccoli comuni, spesso con cinema decisamente scadenti. Questo comunque comporta il solito discorso: i film diventano mordi-e-fuggi, infatti, se notate, la durata delle commedie è decisamente breve, mentre quella dei film drammatici di qualità tende ad allungarsi. Film come “Inception” o “Inside man” sono molto lunghi, anche se sono molto d’azione e questo non ci fa rendere conto della loro effettiva durata.
Ma la commedia o il comico durano al massimo novanta minuti. Qualcuno ha lanciato anche l’ipotesi che vogliano farci essere tristi. Se anche uno come Roberto Benigni ha girato “La vita è bella” o “La tigre e la neve”, molto romantici per carità, ma che indulgono alla lacrima facile, è evidente che molto è cambiato. Preferiamo ricordarlo così.
Angela Leucci
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Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da Angela Leucci il 9 settembre 2011 alle 08:21, ed è archiviato come La voce dell'esperto. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Puoi pubblicare un commento o segnalare un trackback dal tuo sito. |